Alessandro Siviero – Dietro le quinte della Sport Economy

In vista dell’inizio del Master ISTUD in Sport Business Management, abbiamo intervistato parte della nostra faculty per farci spiegare i punti di forza del percorso ISTUD e scoprire i retroscena del volto economico dello sport.
Oltre ad essere fonte di sogni e intrattenimento per miliardi di persone in tutto il mondo, lo sport è anche un settore con un giro d’affari multimiliardario che ha molti punti di contatto con altri settori dell’economia globale.
Oggi pubblichiamo l’intervista ad Alessandro Siviero, docente ISTUD da più di dieci anni e oggi Direttore Scientifico del Master in Sport Business Management, che ci ha parlato della veloce evoluzione avvenuta all’interno della sport economy negli ultimi anni.
Ciao Alessandro!
Ci potresti dire chi sei e come sei arrivato a ricoprire la carica di Direttore Scientifico del Master in Sport Business Management?
La mia formazione accademica parte dallo studio dell’economia, che ho portato avanti fino al termine di un dottorato di ricerca in economia aziendale con una specializzazione in marketing.
Prima di lavorare nell’ambito della sport economy ho fatto esperienza in diverse multinazionali.
Più tardi sono riuscito a portare la mia passione per lo sport nel lavoro, collaborando con la Federazione Italiana Golf e diventando Direttore Marketing della squadra di hockey sul ghiaccio di Lugano, l’HC Lugano, ruolo che ho ricoperto fino al 2018. Anche se molti non lo sanno, l’hockey in Svizzera è lo sport più seguito: parlare di hockey in Svizzera è come parlare di calcio in Italia.
Parallelamente sono diventato responsabile di un percorso di laurea in Leisure Management alla SUPSI, dove lavoro da 10 anni. Il settore del Leisure, che comprende sport, spettacolo, turismo, arte e cultura è in forte crescita nelle economie più sviluppate e richiede nuove professionalità. Con ISTUD collaboro da undici anni.
Quali sono le opportunità all’interno dello Sport Business Management oggi?
Le opportunità sono tantissime, per chi si prepara in questo ambito dal punto di vista manageriale e imprenditoriale.
Lo sport sta cambiando in maniera velocissima e in alcuni casi anche radicale: negli ultimi anni sono nati nuovi modelli di business che hanno portato a nuove iniziative imprenditoriali e a nuovi modi di pensare e gestire anche le società sportive. Il livello manageriale nello sport, negli ultimi anni, è cresciuto anche perché sono entrati in questo settore investitori veri e propri, non soltanto con lo spirito di mecenatismo come in passato, ma con l’idea di sfruttare le potenzialità del business. Questo ha fatto sì che si richiedano più competenze manageriali che conoscenze sportive.
Oggi, per esempio, le società di calcio professionistico, pur mantenendo l’attività agonistica al centro del proprio business costruiscono intorno ad asso altre attività imprenditoriali che in alcuni casi sono la vera fonte di guadagno: per questo le competenze sportive non sono più sufficienti. Per essere un manager della sport economy, avere un passato da sportivo professionista non basta più o addirittura in molti casi non serve nemmeno.
Quindi conoscere lo sport da insider oggi non basta più.
Certo che no. Conoscere lo sport serve per vincere, ma, se una società sportiva vuole farlo anche economicamente, deve anche avere un organico diversificato che conosca bene le discipline manageriali.
Guardando solo al calcio italiano possiamo vedere società quotate in Borsa (Juventus, Roma, Lazio), società che sono state acquistate da fondi di investimento (Milan) e società acquisite da imprenditori di altri continenti (Fiorentina, Inter).
È chiaro che realtà di questo genere chiedono nelle posizioni chiave della società qualcuno che sappia cosa siano l’economia, il marketing, la contabilità, gli aspetti legali e non solo. Qualcuno, insomma, che veda lo sport come business complesso e che sia capace di interfacciarsi e comunicare con altri mondi economici, creando valore.
È evidente come la capacità di gestire questi aspetti non può derivare solo dalla conoscenza della pratica agonistica, soprattutto in un’epoca caratterizzata da modelli di business che evolvono.
Ce ne puoi citare alcuni?
Prendiamo il caso della costruzione del nuovo stadio della Juventus: quando una società opta per demolire uno stadio da quasi settantamila posti per costruirne uno da meno di quarantaduemila, sta implicitamente spiegando al mondo del calcio che la vendita di biglietti e abbonamenti non è il primo elemento di guadagno e che il suo business principale non è il pubblico alla partita.
L’acquisizione dell’Inter da parte di un gruppo cinese ci indica che il fulcro del business, anche in questo caso, non sono gli spettatori alla partita, ma il potenziale ruolo del Brand a livello internazionale.
Allo stesso modo la “corsa”delle altre società alla costruzione di uno stadio di proprietà ha poco a che vedere, contrariamente con quanto si possa pensare, con il semplice business di biglietti e abbonamenti.
Se pensi ad altri sport: oggi per allestire una squadra di professionisti di ciclismo che possa competere a Tour de France o Giro d’Italia, servono decine di milioni di euro, alcune squadre arrivano ad avere budget di vicini ai 40 milioni. Queste cifre sono ingestibili per chi ha solo conoscenza della disciplina sportiva ma che non sa, per esempio, come recuperare sponsor e restituire valore a chi investe.
In pratica stiamo parlando dello sport come un “pretesto” per creare business o opportunità più grandi di quelle generate dal solo evento. Oggi i guadagni sono molto diversificati: vanno dai diritti televisivi ai proventi dal settore turistico. È per questo che le opportunità in questo campo sono enormi.
Prima abbiamo accennato anche a una rivoluzione riguardante il cambio dei business model del settore; ci puoi spiegare qualcosa di più?
Parliamo ancora di calcio: per una società come la Juventus i ricavi da “stadio” valgono meno del 10% dei ricavi. La maggior parte proviene dalla vendita dei diritti televisivi che supera di quasi il doppio anche la compravendita dei calciatori. Oggi nella competizione dei diritti “televisivi” sono vincenti le piattaforme di streaming. Amazon in Inghilterra ha sperimentato la possibilità di vedere il Boxing Day sulla sua piattaforma video.
Questi esempi ci fanno capire come i cambiamenti gestionali nel mondo dello sport derivano maggiormente dai cambiamenti tecnologici di altri settori che si stanno rivoluzionando: se si sanno comprendere si possono trovare opportunità e prevedere i cambiamenti inevitabili anche nel mondo sportivo.
In questo contesto di grandi cambiamenti, di che tipo di competenze hanno bisogno le società sportive?
Per quanto riguarda gli sport di maggiore interesse nel contesto professionistico, gli impianti sportivi nella maggior parte dei casi diventano, oltre che teatro delle competizioni sportive, luoghi di shopping, ristorazione, musei. Le competenze di marketing diventano così necessarie, come le capacità di negoziazione (si pensi al rapporto con gli sponsor), le conoscenze legali (si pensi al rapporto con gli stakeholders), quelle legate alle nuove tecnologie e al mondo digitale (si pensi al fan engagement e alla vendita di merchandising), la capacità di gestire le persone, creare esperienze di consumo.
Le competenze necessarie per far crescere il pubblico di sport meno visibili verranno sicuramente richieste per fare sopravvivere ed emergere questi sport in futuro. Attualmente ci sono movimenti che crescono velocemente, sia per pratica che per interesse di pubblico. Parlo di sport che non godono della visibilità del calcio ma che hanno l’opportunità di essere molto seguiti perché praticati da tanti. Alcuni esempi sono pallavolo, rugby, basket per gli sport di squadra, e atletica, ciclismo e tennis per gli sport individuali.
Esiste poi un “indotto” dato dallo sport praticato: l’abbigliamento tecnico e le attrezzature sportive sono un esempio lampante, ma esistono anche i luoghi per la pratica sportiva a livello amatoriale che diventano a loro volta centri di aggregazione e shopping di prodotti e servizi.
Un discorso a parte poi va fatto per il mondo degli e-Sports; un fenomeno molto rilevante nei paesi asiatici che potrebbe diventare interessante anche in Italia.
Un’ultima domanda Alessandro: secondo te perché uno studente dovrebbe scegliere il Master ISTUD in Sport Business Management?
ISTUD ormai è una garanzia di qualità e il suo cinquantesimo anniversario lo dimostra.
In passato la Business School ha formato grandi manager, e oggi continua a farlo, proseguendo una grande tradizione di formazione manageriale.
ISTUD ha una competenza didattica e di formazione molto marcata e, dopo più di dieci anni di collaborazione, posso dire che per noi docenti è un piacere collaborarci.
Per questo Master ISTUD ha speso tante energie per costruire una struttura didattica pensata per offrire opportunità che gli studenti dovranno saper cogliere con le loro capacità.
In particolare, abbiamo previsto momenti di contatto con le aziende del settore sportivo nel corso dell’intera durata del Master. Gli studenti avranno occasione di interagire con professionisti affermati, di fare networking e costruire una propria professionalità grazie a lezioni frontali dal taglio pratico e con i project work che li metteranno alla prova sulle reali dinamiche aziendali.
Grazie mille Alessandro. Ci vediamo in aula!
Grazie a voi. A presto!