Marcel Vulpis, Sporteconomy – Pillole di storia dello sport business

In vista dell’inizio del Master ISTUD in Sport Business Management, abbiamo intervistato parte della nostra faculty per farci spiegare i punti di forza del percorso ISTUD e scoprire i retroscena del volto economico dello sport.
Oltre ad essere fonte di sogni e intrattenimento per miliardi di persone in tutto il mondo, lo sport è anche un settore con un giro d’affari multimiliardario che ha molti punti di contatto con altri settori dell’economia globale.
Oggi pubblichiamo l’intervista ad Marcel Vulpis, pioniere del giornalismo dello sport business management e fondatore Sporteconomy, che ci ha parlato della sua carriera e del suo punto di vista privilegiato su quel mondo in continuo cambiamento che è lo sport system internazionale.
Ciao Marcel, benvenuto.
Comincerei col chiederti di spiegare chi sei e quale sia il tuo percorso professionale che ti ha portato ad arrivare fin qui.
Ho 51 anni, sono romano e faccio il giornalista professionista. Quando ho cominciato a scrivere nel 1992 mi occupavo di marketing a 360° su Italia Oggi, un quotidiano economico. Dopodiché ho seguito tre Olimpiadi come inviato: Atlanta ‘96, l’Olimpiade Invernale di Nagano ‘98 e Sidney 2000, che è stata una delle Olimpiadi estive più memorabili, al pari di Londra 2012, per risultati sportivi, organizzazione e gestione del marketing.
Nell’ottobre 2000 ho lanciato su Italia Oggi la rubrica marketing sport, che ho portato avanti fino a marzo 2013. Parallelamente a questa esperienza ho fondato l’agenzia SportEconomy.it, che si occupa dell’impatto di economia e politica sul mondo dello sport. Calcio, sport minori, grandi eventi: in Italia e sul piano internazionale.
Come agenzia abbiamo collaborato con Espresso, TGCom24, Rai News24, Sport Mediaset, SkySport, RaiSport SportItalia. Da oltre 4 anni stiamo collaborando con il Corriere dello Sport e Tuttosport. Ci occupiamo di analizzare bilanci di club e strategie di marketing.
Il vostro è un punto di vista privilegiato del mondo del management sportivo: come si è evoluto lo sport business management in Italia nel corso degli anni?
Nel 1992, quando ho cominciato a occuparmi di questo settore, si iniziava a parlare di economia e management sportivo, soprattutto in termini di diritti televisivi. Sono stato il primo giornalista che ha percepito l’importanza di questo mondo, investendo moltissimo a titolo personale prima, e poi attraverso Sporteconomy.it.
Al tempo, l’ambito delle sponsorizzazioni e quello del management nello sport business stava prendendo piede. La prima sponsorizzazione di maglia nel campionato italiano di calcio risale al 1979, quando il Perugia cercò di aumentare gli introiti attraverso un’operazione pionieristica per rilevare il cartellino di Paolo Rossi.
Prima solo Parmalat aveva investito nella sponsorizzazione di eventi sportivi, delle gare su suolo italiano dei Mondiali di Sci nel 1975.
Tredici anni più tardi, quando ho cominciato a scrivere, la categoria dei giornalisti non aveva ancora dedicato la giusta attenzione a questo fenomeno. Per questo mi sento di dire che sono de facto il “padre” di questo filone giornalistico in Italia, che fino al 1992 non esisteva. Quello che faccio da allora, è costruire in Italia una cultura manageriale sportiva.
Noi di Sporteconomy.it abbiamo indicato una strada che non esisteva, costruendola.
Quando andai per la prima volta a parlare con Fabio Guadagnini di SkyNews24, Fabio era inizialmente perplesso sull’effettivo interesse che informazioni così tecniche potessero suscitare nei confronti del pubblico. Il ritorno di audience, però, fu significativo e da lì partì una collaborazione che durò per i successivi sette anni.
Dal 1979 ad oggi, sono passati più di quarant’anni: qual è stata l’evoluzione delle sponsorizzazioni nel settore?
Fino agli anni Novanta, il botteghino e le sponsorizzazioni, soprattutto di maglia, erano le prime voci del ricavo delle società sportive. Dopo la metà degli anni Novanta, nel mondo del calcio i diritti televisivi sono arrivati prepotentemente al primo posto, lasciando sul secondo podio le sponsorizzazioni. In altri sport, mediamente, i diritti televisivi sono la seconda voce, lasciando la prima occupata dalle sponsorizzazioni.
Dal 1979, comunque, sono cambiate molte cose.
Banalmente, l’arrivo dei rotor perimetrali a LED ha aperto la strada a una serie di possibilità di sponsorizzazioni prima impossibili, come quella di proporre vere e proprie storie pubblicitarie a bordo campo.
Quali sono i nuovi trend della sport economy? Siamo allineati con le realtà estere nel recepire novità nel settore?
L’evoluzione è sicuramente nella multimedialità e nella capacità di creare contenuti che riescano a rendere sempre più coinvolgente l’esperienza sportiva, nello stadio e non. Un’altra frontiera imprescindibile è anche quella del Customer Relationship Management (CRM), ovvero sulla costruzione di database profilati dove i club dovranno investire; è lì che le società avranno la possibilità di trovare le esigenze e le necessità dei propri tifosi, e di conseguenza trovare nuovi sponsor, o fidelizzare quelli già acquisiti.
Per costruire al meglio questi database, il marketing delle società sportive dovrà lavorare al meglio pensando a soluzioni finalizzate alla raccolta e alla monetizzazione di queste informazioni. Se i club italiani non si muovono in questa direzione, i club internazionali che già operano con queste modalità espanderanno sempre di più le proprie fan base, guadagnando terreno e sottraendolo alle nostre realtà nazionali, che saranno sempre più legate al momento umorale di performance agonistico.
C’è spazio di crescita nella sport economy in Italia?
Proprio per il ritardo con cui il nostro paese si sta muovendo se paragonato al sistema di sport entertainment estero, in Italia c’è un grande spazio di crescita.
All’estero le arene dei club sono pensate per accogliere la multimedialità dalla quale oggi è necessario muoversi. Un esempio eccellente tra i tanti che provengono dall’estero è quello del Bernabeu di Madrid, rammodernato pezzo per pezzo per accogliere l’adozione di queste dinamiche. In Italia gli stadi molto spesso sono di proprietà comunale, e gli investimenti in questo senso, nella maggior parte dei casi, sono carenti o, addirittura, totalmente assenti.
Oggi questo gap tecnologico e infrastrutturale rischia di acuirsi; lo sport system italiano deve allinearsi a questi trend senza rincorrere un futuro già vecchio, con interventi in ritardo che avvicinano le società italiane al presente senza mai riuscire ad incontrarlo.
Tutti i club di stadio italiani devono avere una smart arena. Oggi è questo un punto di partenza fertile per un’evoluzione dinamica, pronta a lanciarsi verso il futuro.
Che apporto darà la partnership di Sporteconomy al percorso ISTUD e ai suoi partecipanti?
ISTUD è un marchio celebre all’interno del mondo della formazione, e per questo abbiamo aderito al Master con piacere. Sporteconomy darà la possibilità ai partecipanti di accedere a una conoscenza approfondita del settore, che viene da una posizione di osservazione privilegiata.
I partecipanti dovranno utilizzare questi strumenti per distinguersi dentro e fuori dall’aula, nella quale dovranno arrivare portando con sé un bagaglio di competenze pregresse che vengono dal loro percorso universitario e mettendole a frutto nel Master all’interno dei project work, dello stage e del rapporto con i docenti.
Il punto di vista che proverrà dall’apporto di Sporteconomy sarà prezioso, e starà a loro sfruttarlo nel miglior modo possibile.
Bene Marcel, ti ringrazio per la chiacchierata. Ci vediamo nelle aule del Master!
Grazie a voi! A presto.